Nel settore SEO, come in qualsiasi altro, c’è un gergo degli addetti ai lavori. In particolare è stata fatta una netta distinzione tra le tecniche consentite da google e quelle che invece sono considerate scorrete. Le tecniche consentite sono state definite WHITE HAT (cappello bianco), quelle scorrette BLACK HAT (cappello nero) ma molti SEO amano definirsi GRAY HAT (cappello grigio) che in parole povere vorrebbe dire “Corretto si ma stupido no”…

Per quanto Google provi a spaventare i SEO riguardo “punizioni esemplari” in caso di utilizzo di tecniche scorrette, i SEO Black Hat sono ancora quelli che la fanno da padrone sul web per quasi tutte le SERP. Ottenere link in maniera naturale, posizionarsi con dei contenuti di qualità è un lavoro oneroso, dispendioso in termini di tempo e denaro e spesso non paga quanto l’utilizzo di tecniche scorrette.

In molti settori le aziende hanno deciso di utilizzare dei DOMINI USA E GETTA da posizionare velocemente con tecniche BLACK HAT e di vendere il più possibile prima che google li penalizzi e li faccia scomparire dalle SERP. Nel settore dei prestiti ad esempio, nascono e muoiono siti web ed addirittura aziende di credito create ad HOC per fare un boom online, guadagnare denaro e poi scomparire.

In cosa consistono le tecniche black hat?

Le tecniche sono tantissime , alcune banali come il “keyword stuffing” (uso esagerato di parole chiave nel testo) che ad oggi non funziona più, altre estremamente complesse e potenti che possono cambiare il destino di un sito web.

Di seguito ne elencherò alcune:

  1. Keyword stuffing
    Utilizzo di parole chiave ripetute molte volte nel testo. Facilmente rilevabile da Google e di scarsa efficacia.
  2. Keyword stuffing nei TITLE e DESCRIPTION. Come punto 1
  3. Cloaking.
    Consiste nel mostrare una pagina web standard al visitatore ed una versione diversa (maggiormente ottimizzata) ai motori di ricerca.
  4. Acquisto di link
    I link a pagamento sono visti come tecnica scorretta da Google.
  5. Contenuti duplicati
    Creazione di numerose varianti della stessa pagina web per “giocarsi più carte” con Google.
  6. Boilerplate
    Insieme di link posizionati nel layout di tutte le pagine web per spingere un numero limitato di pagine. Si dice che possa considerare un criterio di google per penalizzare siti web. A me non è mai accaduto quindi non ci metto la mano sul fuoco

Per quanto si possa parlare di tecniche scorrette, nessuna di esse riesce a fare la differenza nel posizionamento di un sito web. Le uniche tecniche Black Hat efficaci riguardano quelle OFF Site, ossia quelle che servono per aumentare velocemente la link popularity di un sito web.

Spesso le tecniche di linking black hat vengono implementate tramite software automatizzati che sfruttano delle falle di script open source hostati su vari domini web.

Tra i vari software black hat (sono tutti pressochè inutili ma danno l’impressione che stiano facendo follie) potete trovare:

  • Bookmarking Demon (Social bookmarking automatizzato)
  • Blog Commenting Demon (Spamma con commenti nei blog)
  • Link Farm Evolution (link nei blog)

vi sconsiglio di utilizzarli, fanno perdere solo tempo enon portano a nulla.

Dal mondo del black hat vi consiglio di trarre spunto per creare i vostri software per automatizzare in maniera pulita tutti il lavoro che attualmente fate a mano. Automatizzare non è black hat è furbo, è intelligente è conveniente e vi fa risparmiare ore ed ore di lavoro.
Io personalmente ho realizzato dei software in grado di svolgere da solo il lavoro di tre mesi di 10 link builders in meno di 5 minuti… E’ black hat? Assolutamente no, è evoluzione nel settore, è l’unico modo per essere competitivi sul mercato, immaginate se la Coca Cola imbottigliasse tutte le bottiglie a mano…
Concludendo ribadisco il mio consiglio di cimentarvi nell’utilizzo di tecniche black hat almeno per un breve periodo, vi serviranno ad avere idee, crescere e migliorare, chi fa black hat generalmente è geniale, non un criminale…